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Vuol dire che tutto il mondo è stato sempre paese.
Ma non di questo io mi dolevo: le frecce che miravano più dritto e mi ferivano al cuore erano quelle della critica letteraria locale. Ricordo in modo speciale una lunga lettera anonima, scritta su carta protocollo come un regolare atto di accusa, che con raffinatezza crudele mi raggiunse un bel mattino di settembre, mentre si era in procinto di partire per una festa campestre. Nove giorni durava questa festa, intorno alla chiesa della Madonna di Valverde, nella conca omonima, dolce al mio ricordo come la selvaggia culla dove furono allevati i miei primi sogni d’arte e d’amore.
Si dormiva, per modo di dire, — poiché buona parte della notte si passava fuori, al chiarore dei fuochi intorno ai quali si ballava al suono della fisarmonica, — in certe celle addossate alla chiesa: e durante la giornata la nostra casa era la verde conca col suo ruscelletto, le pietre per sedie, le ombre degli alberi per tende.
Io portavo con me la lettera anonima, come un cilizio che doveva fra le gioie della terra ricordarmi l’espiazione da venire: e, simile al bandito mistico al quale la tradizione attribuisce la fondazione della chiesa di Valverde, mi nascondevo fra le rocce