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Il suo riflesso però rimaneva per me esterno: potevano brillare i miei occhi, ma non penetrava la luce nell’anima mia.
Domani.
La lieve salita rendeva più faticoso l’andare: il ginocchio malato si faceva trascinare malamente dall’altro come un bambino stanco dalla madre cattiva.
Ancora un poco e saremo a casa: già si vedono le ville nuove, affacciate alla sera con le loro loggie di trina e le terrazze fiorite: le ville nuove, tutte belle e agghindate come spose novelle. Il silenzio le circonda, così profondo che dà un senso di stupore come quando si è bevuto un liquore forte.
La vita è dolce, là dentro; tutti vi sono felici, ricchi e sani: le porte ben custodite non si aprono all’ospite terribile che mi aspetta, da lungo tempo insediato nella mia stanza, e al quale io non ho saputo chiudere mai la porta.
E il contrasto rende più oscuro il cammino.