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di speranza; e i tuoi cuori pareva oscillassero, in un cerchio magico di danza, come veri cuori palpitanti di coppie innamorate.
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Ma adesso le cose sono cambiate: finita la festa, gabbato il santo. Adesso il tappeto è qui, nel grigio inverno della città, esule drappo che la padrona ha voluto al seguito delle sue debolezze sentimentali. La solitudine affiora attorno, come il muschio sull’acqua stagnante; passano le cornacchie col loro lamento che ricorda quello del corvo del tetro poeta d’oltreoceano: poi gli scheletri degli alberi sogghignano nel cimitero della nebbia e delle luci vespertine.
I colori del tappeto se ne vanno: e sarebbe ingiusto chiedere loro di più. Hanno fatto la loro stagione, e basta. Il primo a trascolorarsi è stato il bordo: e non muoiono anch’essi, in questa stagione di caccia, i luminosi uccelli violacei e ramati, dal lungo becco verde simile allo stelo stroncato di un fiore?
Il tappeto languente si rianima ancora, in certi giorni di sole, e ritrova un sorriso d’illusione: ma il sole va via presto, e nella