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— Questa fa per lei — disse, spiegando una sciarpa, verdiccia da un lato e anticamente marrone dall’altro: e anche questi colori, e la lana muschiosa, rammentavano la selva. La ragazza se la misurò e volse la testa a guardarsela di fianco.

— Le sta dipinta: vada a guardarsi nello specchio.

Per far presto, la serva si rimira nel vetro di una finestra, e trova che il suo pallore di bruna risalta sul verde della sciarpa come quello del fungo nella borraccina. E mentre ella contratta con l’uomo, che espone, col suo più seducente sorriso, i denti forti affamati d’amore, e le fa speciali complimenti per imbrogliarla meglio, io rimango a mia volta incantata davanti alla scatola magica. Magica, sì: poiché sollevando un secondo scialle scuro, qua e là bucato dalle tarme, mi sembra di sollevare, come dicono i poeti, un lembo del mio passato. Sotto lo scialle c’è un vestito, di lana, d’un colore indefinito, che tuttavia immediatamente riconosco: anzi è un colore da me sola decifrabile, poiché l’ho combinato io, col fabbricante di maglie che tre anni or sono ha lavorato per me il vestito: ed è un viola scuro, con pagliuzze gialline, che tralucono fra maglia e maglia come vaghi scintillii di stelle nel fon-