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— Mamma, devo dirti una cosa; sono qui per questo. Abbiamo litigato, con Gregorio; sì, purtroppo. Non sorridere: non dire che sono le solite bizze. Lui è molto arrabbiato; anzi mi aveva proibito di venire qui, e guai se lo sa. Non ti ha detto nulla? Ebbene, ti dirò come è andata. Voleva farmi l’anello da fidanzata. E francamente, come usa sempre, a volte persino con una certa brutalità, mi annunziò che mi avrebbe dato uno dei tuoi anelli, tanto più che tu non li metti mai, proprio così, mi disse: e, naturalmente, io mi sono alquanto piccata. — Spero, gli dissi, — che almeno mi darai quello di platino, con lo zaffiro. — Perché? — domanda lui, inalberandosi. — Perché, — ribatto io, dispettosa, lo confesso, — è l’unico anello di tua madre che ancora è alla moda: gli altri sono dell’epoca etrusca. — Mai avessi pronunziato queste parole. Forse egli era in un brutto momento di nervi: fatto sta che mi toccò sgarbatamente la collana e gli orecchini, e sibilò a denti stretti: — E questi, di che epoca sono? Del più puro Novecento! Tu dovresti baciarti il gomito a ricevere uno degli anelli di mia madre: il più umile di essi, di oro vero però, vale mille e mille volte più di tutta la tua chincaglieria esterna ed interna. — Così, mamma, proprio così,