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— Zia Rosaspina, zia Rosaspina, — supplicai quasi in ginocchio, — non riportatemi a casa quella sciagurata roba: buttatela piuttosto, poiché adesso comincio a credere che anche a darla ad un povero gli porterebbe sventura. Bruciatela nell’orto.

— Va bene — dice lei, sempre calma e severa. — Provvederò io.

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Molti anni sono passati. Noi si andò in giro per il mondo, mentre la zia Rosaspina rimase ferma al suo posto, nella sua casa antica, in mezzo all’orto di cavoli fiori, che in questa stagione sembrano lune piene, e dei ciliegi dai quali basta un volo d’uccello per far cadere una miriade di foglie simili a cuori trafitti. Ella non ci scriveva mai: solo, per Pasqua ci mandava le uova dipinte con lo zafferano, e per Natale la torta di noci.

Quest’anno però la torta non arriverà: poiché la zia è morta da una settimana e