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del sangue e del delitto: poi prese la vittima per un orecchio e la fece girare intorno a se stessa: infine cominciò a girare anche lei, intorno al tronco, con una danza macabra che disgustò e addolorò il colpevole. Ma forse era davvero questo il suo castigo: la prima rivelazione della crudeltà umana.

Si alzò, dignitoso; disse.

— Mi dia il leprotto, signorina: bisogna nasconderlo, perché qui è proibito uccidere le bestie.

Ella fece saltare in aria la vittima; la riprese fra le mani, la palpò.

— Ma questo non è stato ucciso: è morto di freddo: è buono da mangiarsi.

— Sì, sì, — gridò il piccolo; — lo si scuoia, si fa il fuoco e lo si arrostisce.

L’impresa era bella, i fiammiferi pronti. Ma per Corso fu un nuovo disastro: con una mossa violenta tolse il leprotto dalle mani della fanciulla, lo mise nella buca, vi ammucchiò la terra, vi pestò su i piedi, con rabbia, e con un amaro senso di vittoria. E allungava le braccia coi pugni stretti, sfidando chiunque ad avvicinarsi: chiunque, fosse pure l’alta e forte Ginetta, contro la quale, anzi, egli sentiva un desiderio di lotta, un istinto di odio, solo perché ella rappresentava la realtà della vita.