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Quasi prevedessero il giusto castigo, per alcuni giorni i litigiosi nostri vicini di casa non si fecero vivi: o, meglio, sì, la mattina presto si sentivano nella parte destra del giardinetto gli strilli argentini del bambino, che la sua mamma portava in braccio per fargli respirare l’aria buona; ed erano piccoli gridi che invero facevano piacere a sentirli; si confondevano col canto degli uccelli e rivelavano la gioia istintiva di un essere che si apriva all’ebbrezza di vivere. Ma si udirono un’ultima volta quella fatale mattina del Corpus Domini, quando le campane della chiesetta del quartiere squillavano come sonagli, diffondendo un’allegria villereccia nelle nostre strade quiete; e nell’insolito prolungato sonno della vacanza gli stanchi impiegati sognavano di trovarsi ancora nel paesetto natio, con la bella fanciullezza chiusa nei roridi pugni. Da strilli di gioia si mutarono in gridi di spavento: vibrarono ancora fra gli urli dei forsennati litiganti, e infine tacquero. Tacquero anche le voci folli dei grandi e, nel silenzio impressionante, si sentì come uno scroscio violento di pioggia.