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Nessuno capiva le sue parole, ma dovevano capirle bene i suoi padroni e il proprielario della casa, perché fu da certi suoi pettegolezzi che scaturì la prima scintilla di un loro dissidio fatale: dissidio che una mattina di maggio scoppiò in lite volgare e violenta. Fu da prima, giù nel giardinetto, da una parte e dall’altra della rete di divisione, un bisbiglio lento e sommesso: poi una voce di donna si sollevò, con timbro di soprano arrochito: solo che la collana dei suoi versi era composta dei più classici vituperi che possano villanamente concepirsi. Allora le voci degli uomini rombarono impetuose, e il pianto del bambino, che la donna teneva in braccio, unì il terzetto selvaggio col filo del suo lamento.

Con sadica curiosità, i vicini di casa stavano ad ascoltare: seppero così i miserabili fatti di quelli che avevano creduto grandi e ricchi signori: e la vicenda, una volta tanto, sarebbe stata divertente se non si fosse ripetuta spesso, per lo più nelle ore quiete del mattino, disturbando il sonno dei nottambuli, dei malati, delle signorine dormiglione. Fu quindi un inveire, un protestare, un comune allacciarsi per parlare male dei molesti intrusi; con la solidarietà della servetta negra, che aveva appreso le più caratteristiche