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Non che fosse strampalato il pittore che dipinse questa Madonnina, ma, forse, lo ispirò un bizzarro grottesco spirito francescano, che lo spingeva ad amare tutte le bestie create.
Il modello della Vergine era una sua bionda servetta, procuratagli da pochi giorni dal padrone di casa: una bimba quasi, con le lunghe trecce attorcigliate intorno alla testa, con la fronte d’avorio, grande, prominente, e i nerissimi occhi lunghi, pieni di languore e di sofferenza. Il resto del visetto scivolava giù, con la bocca quasi invisibile e il mento giallino, non più grosso di una ciliegia acerba. Era triste, silenziosa, timida; e forse la sua morbosa paura dei topi aveva dato al pittore la prima idea del quadretto.
Anche il bambino non sembrava dei soliti: grasso, bianco, traboccante dalle braccia della servetta, si piegava però con naturalezza, tentando di scendere sul pavimento polveroso: e pareva guardasse davvero, coi tondi occhi azzurrognoli, tendendogli le manine