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dorato; quella che è sull’angolo della tavola. Va. Bevine anche te.
Regina andò, ma trovò la principessa che versava appunto il vino della bottiglia lunga dal collo dorato.
— Massimo vorrebbe un bicchierino di quello, — mormorò ingenuamente.
— Scusi?...
La principessa, meno male, non intese.
Regina prese un calice ricolmo e lo portò al cognato; un profumo squisito esalava dal calice come da un fiore.
— È Porto, sai! — disse Massimo, con vera riconoscenza. — Grazie, cognatina: tu mi hai salvato. È il vino degli dèi moderni.
— Sei allegro stasera!
— Sta zitta! Mi secco. Andiamocene via: piantiamo qui Arduina. Chi è quel muso di cane che le sta vicino?
— È uno scrittore.
— Non lo conosco, — disse l’altro, mangiando e bevendo. — Quanta gentaglia! Tutta gentaglia!
— È vero! — disse Regina. — Ci siamo anche noi!
— Noi c’infischiamo di loro! Noi siamo giovani e possiamo diventar ricchi: loro son ricchi, ma non potranno mai ridiventar giovani!
— Ma guarda! Forse hai ragione!
— Portami un altro bicchierino di Porto, allora! — disse Massimo supplichevole.
— Oh, questo poi no!
Le vecchie signore e i vecchi signori, eccitati dolcemente dal thè e dai vini, alzavano la voce,