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vanti a Regina. — Sembrate una signorina; venite con me.

Regina s’avvicinò al tavolo, ma non sapeva come fare: rovesciò una bottiglia e arrossì fino alle lagrime.

— Ecco, — le disse Marianna, mettendole un piattino fra le mani, — portate questo dolce a quel signore che sembra un cane.

— Quale? parli piano!

— Quello che sta vicino a vostra cognata. È uno scrittore...

Regina attraversò la sala timidamente, col piattino fra le mani, immaginandosi che tutti la guardassero, ma felice d’andar ad offrire una fetta di torta ad uno scrittore.

— Oh, signorina!... — esclamò questo, inchinandosi, quando Regina gli offerse il piattino.

— Signore! — disse Arduina. — È mia cognata!

— Complimenti e condoglianze! — disse l’altro con insolenza. — Fra tutti questi secoli (girò attorno i grandi occhi rotondi) ella sembra una bambina.

— Perchè condoglianze? — chiese Arduina.

— Perchè è sua cognata!

Regina s’accorse subito che lo scrittore era molto insolente, e giudicò opportuno tornare verso il tavolo. Marianna era lontana; Regina prese timidamente un altro piattino e lo portò a Massimo che se ne stava vicino alla porta, anch’egli dimenticato e trascurato.

— Oh, fai da padrona? — egli disse a Regina. — Portami anche un bicchierino di quel vino, vedi, di quella bottiglia lunga, dal collo