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Il calmante produsse l’effetto desiderato, Regina sollevò il viso raggiante.

— In primavera? — chiese con impeto.

— Ma sempre che vorrai! Il tempo, intanto...


*


Il tempo aumentò il male di Regina.

La notte di Santo Stefano Antonio la condusse al Costanzi.

Ella mise la sua più bella camicetta, i suoi migliori gioielli, e andò a teatro decisa di non meravigliarsi di niente, tanto più che aveva già veduto il teatro di Parma. Il Costanzi era una magnificenza, uno scrigno enorme dove brillavano, sulla crema venus delle spalle femminili, perle meravigliose. Anche la platea era uno splendore, un campo di fiori enormi cosparsi d’una magnifica rugiada di gemme e di lustrini.

Benchè avesse già visto il teatro di Parma, Regina provò da principio un vago sbalordimento. I suoi occhi miopi si socchiusero, offesi dalla luce ardente, e qualche cosa di simile avvenne anche nell’anima sua. Sollevò il binoccolo e guardò in un palco dove vide una signora, brutta ma elegantissima, che le parve tinta, coi capelli falsi e gli occhi cerchiati con artificio: eppure la invidiò egualmente. Guardò intorno: a poco a poco la sua invidia crebbe, straripò, diventò odio. Ella desiderò che il teatro s’incendiasse; poi s’accorse che una signora, vicina a lei, vestita modestamente, guardava ai palchi come guardava lei, forse con la stessa invidia criminosa in cuore, ed ebbe ver-