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e nello specchio, e Regina s’accorse che egli compassionava la povera scrittrice italiana e pensava alla «fisionomia morale» delle donne inglesi lavoratrici.
— Ma perchè l’udienza? — domandò Regina, ardita, imitando il sorriso del senatore. — Sta bene il sussidio... fino a un certo punto, ma l’udienza?
— È un aiuto morale. A parte i miei principî...
— Sì, sì; un aiuto morale! — affermò il senatore; e sorrideva sempre.
Regina sentì un impeto di ribellione. Perchè quell’uomo che all’estero trovava la «fisionomia morale» delle donne così diversa dalla fisionomia morale delle donne italiane incapaci e schiave, non faceva capire alla povera Arduina la falsità del suo metodo?
— Ma, — ella disse, quasi adirandosi, — se si va a base di aiuti, morali o materiali, è meglio... non muoversi! Siamo sempre delle sfruttatrici. E tanto vale sfruttare o il padre, o il marito, o un amante, o il Governo, o la Casa Reale...
— Ma tu non capisci, — disse Arduina, che non aveva compreso l’idea di Regina.
— Tu parli così perchè non hai bisogno.
— Lei è lombarda? — domandò il senatore, che teneva le mani intrecciate sul petto, divertendosi a far girare i due pollici uno intorno all’altro.
— Sono un’italiana incapace e inutile, — ella rispose con disprezzo verso sè stessa.
— È giovine però. Perchè non scrive?
— Perchè scrivere? — ella disse, fissandolo beffarda. — Per chiedere sussidî ed udienze?