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— Ma non ti vergogni d’andare a chiedere dei denari? — chiese Regina meravigliata.
— Perchè? Lo fauno tutti. Non è per me che li chiedo: è per il giornale che è terribilmente passivo. Ho chiesto anche un sussidio e una udienza alla Regina... Anzi domani devo andare da mio zio il senatore per sapere qualche cosa.
— Io morrei prima di chieder nulla a nessuno, — disse Regina.
— Oh, perchè? — disse l’altra, meravigliata. — Che male c’è? Se anche tu fossi una letterata e avessi un giornale, un’idea da sostenere e far trionfare...
— Finiscila, sciocca! — proruppe Antonio.
— E sta zitto! E tu non li chiedi, i sussidî? E se occorre tu non profitti di quanto può esserti utile? Perchè spalanchi gli occhi. Regina? Ti abituerai...
«Ti abituerai». E due! Regina sentì un’onda di parole sdegnose salirle alle labbra; ma tacque, pensando che non doveva degnarsi neppure di rispondere. Si avvicinò ai vetri e vide la donnina nera coi sette limoni, sotto l’arco della porta chiusa, ma non provò più l’impressione di melanconia che quel quadretto le destava nei primi giorni del suo arrivo a Roma. Si era abituata a vederlo.
— La principessa mi domanda sempre di te, — disse Arduina. — Verrai venerdì da lei? Ora che avete trovato l’appartamento e che vi siete messi a posto, puoi cominciare a restituire le visite ed a fare delle conoscenze.
— Cosa me ne faccio delle conoscenze?
— Cosa te ne fai? — domandò Antonio un po’ bruscamente. — Non far l’originale.