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per venire a Roma ad abitare in un buco! Io soffocherò, io morrò! — disse ad Antonio.

Egli scattò, alla fine.

— Ma che cosa vuoi; si potrebbe saperlo? — le domandò con rabbia. — Ma ti sei immaginata di sposare un principe? Tu sapevi che cosa io potevo offrirti; e cento volte mi hai ripetuto che non avevi l’anima corrotta da vane ambizioni, che eri forte, che non eri egoista, che non chiedevi alla vita nulla di impossibile. Perchè non ti guardi indietro, invece di guardare davanti? Non dici tu d’essere un po’ socialista? Perchè non paragoni il tuo stato a quello di milioni e milioni d’altre donne?

Ella piangeva, con la fronte appoggiata sui vetri bagnati dalla pioggia: le pareva che il cielo piangesse con lei. Sentiva che Antonio aveva ragione, sebbene egli prendesse la cosa dal solo lato materiale, e non riuscisse a capire l’intima ragione del malcontento di lei. Tuttavia rise fra le lagrime, ironica e fiera.

— E finiscila! — disse. — Parli così male!

— Parlo male, ma opero bene, — egli rispose, raddolcendosi. — Sono stanco di vederti così malcontenta. Che cosa vuoi che io faccia, che io ti dia, oltre quello che ho, oltre quello che posso, cioè tutto il mio lavoro, il mio amore, una posizione decorosa, un domani senza pensieri?

— Egli non può capire! — ella pensò con pietà. — Soffrirò, ma nessuno deve accorgersene, e tanto meno lui. Sarò sola. Non ho bisogno di nessuno, io. Sono forte, io. Possibile, Regina, che tu lasci intravedere i tuoi sentimenti a tutta questa piccola gente?