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tronde? Si muore. Rassegniamoci al nostro destino. Tutte le ore arrivano, e l’ora della morte è la più certa di tutte. Morire! Non sentire più la nostalgia; non veder più mia suocera, Arduina, il sor Gaspare, la serva, non errare più sotto la pioggia in cerca d’un appartamento!

— No, — si proponeva poi, — non voglio più addolorare Antonio. È forse colpa sua se tutte le miserie della civiltà si frappongono fra me e lui? Egli non lo sapeva; e neppur io lo sapevo! Ma morremo. Rassegniamoci, ed andiamo ad abitare in via d’Azeglio. I giorni vi passeranno, come passano da per tutto.

Si addormentava soddisfatta dei suoi propositi filosofici; e sognava immancabilmente la casa lontana, il bosco, il focolare acceso, i vetri irradiati da un crepuscolo cinereo, il gattino fermo davanti a quei vetri in contemplazione d’un fusto di pioppo.

Il giorno dopo ella rivedeva la luce nella camera odiosa dei Venutelli, si ritrovava sotto l’incubo di quel soffitto, doveva levarsi, uscire, bagnarsi, soffrire il freddo e la compagnia della signora Anna.

Rassegnarsi! Ciò era possibile in teoria: in pratica i nervi si ribellavano fieramente contro la realtà.

Dopo un mese di vane ricerche, finalmente, più per stanchezza che per buona volontà. Regina acconsentì a prender per un anno l’appartamento di via d’Azeglio, sempre disponibile. Ma il giorno stesso che fecero il contratto, ella si pentì, diventò insoffribile.

— Valeva la pena di lasciare il mio paese