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troveremo un alloggio più conveniente di questo.

— Oh, — ella disse, incredula.

Ma dovette ben presto ricredersi.

Per quindici giorni fu un triste pellegrinaggio. Sul principio, girando per l’Esquilino, il Quirinale, Villa Ludovisi, Regina canterellava con un sorriso ambiguo, un po’ amaro, un po’ beffardo:


Senza tetto e senza cuna...


Ma poi si fece cupa, si stancò, si trascinò con aria disperata.

E andarono, ella e il suo compagno di sventura, in un’agenzia che pareva un trabocchetto, e presero venti indirizzi, e risalirono il Corso, esplorando tutte le via adiacenti, come si risale il corso di un fiume alla ricerca d’un paese ignoto o d’una sorgente introvabile. Antonio si sarebbe rassegnato anche ad abitar lontano dal Ministero, pur di contentare Regina; ma Regina non poteva contentarsi.

Tutti gli appartamenti veduti erano o troppo grandi e carissimi, o bui, o sotto i tetti o così stretti e freddi che stringevano e gelavano il cuore al solo visitarli. Fra gli altri Regina vide un mezzanino di quattro vaste stanze, perfettamente buie, abitato da una infinità di signorine elegantemente vestite. Pareva un sepolcro di viventi; ed ella scappò via atterrita alla sola idea di dover abitare là dentro. Era orribile! E questa era Roma? Eran queste le case che Roma offriva a coloro che l’avevano lungamente sognata? Buche di viventi, tane oscure, antri da schiavi: mille volte preferibili gli ul-