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— Ella mi ha preso con sè solo per questo, — disse Marianna, guardando con affetto madame, che raccontava ad Arduina la storia di una sua zia.

— Era la donna più elegante e bella di Parigi. Vi ho raccontato la storia del suo matrimonio: a quindici anni le fecero sposare l’amante d’una signora che per dieci anni fu la sua amica, la sua confidente, la sua guida. Per dieci anni ella non si accorse di niente...

Il sor Mario ascoltava, sprofondato in una poltroncina, lottando contro il sonno e contro il desiderio di stuzzicarsi i denti.

Marianna sparlava di Nietzsche e delle sue opinioni sulla donna, ma Regina ascoltava più volentieri il racconto di madame che le arrivava attraverso gli strilli e le insolenze della signorina.

— ... Se la donna lo capisce deve ammetterlo, — diceva Massimo: — se non lo approva vuol dire che non lo capisce.

— Oh, fa qualche cosa di più: lo discute!

— Se ci fosse Gaspare troncherebbe la questione, — disse Antonio.

Regina sentì un’ombra passarle sull’anima al ricordo di Gaspare, della suocera, della serva.

— Il secondo marito, — raccontava la principessa, — era uno spagnulo, un bellissimo uomo, amico di tutti i letterati del suo tempo. Ma un libertino! Tutte le cameriere e le governanti di mia zia eran sue vittime. Una notte mia zia...

— L’educazione della donna non è ancora incominciata — diceva Marianna, rivolgendosi a Regina. — Solo quando l’uomo dirà la verità