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conoscerti da tanti anni. Mi piaci anche perchè ti chiami Regina. Hai già visto la Regina?

— Già, stanotte in sogno!

— È vero, sei qui appena da ier sera. Ma c’è tempo. Dove siete stati questa mattina? Al Colosseo? Ah, io adoro il Colosseo: vorrei viverci. Hai letto Quo Vadis? Come, tu non conosci ancora questo che è il più bel libro moderno? Te lo farò leggere; ti farò leggere tanti libri, ti farò conoscere tanti scrittori: ti condurrò nei salotti intellettuali, alle feste dell’arte, alle conferenze, dappertutto ove si vive non di solo pane...

— E che, viviamo di solo pane, qui? — disse Antonio, comicamente minaccioso. — Spero almeno non farai scriver Regina nel tuo giornale.

— Perchè no?

— Ed io ti ammazzo, ti faccio arrestare.

Regina rise; Arduina andò in cucina.

Rimasti soli, Antonio condusse Regina vicino allo specchio.

— Non siamo belli, — disse, abbracciandola, — ma formiamo un bel gruppo. Guarda; e ridi, come facevi poco fa. Tu non sai che malumore mi assale quando ti vedo scontenta.

— Io non sono scontenta, — ella rispose, ponendogli le mani sul petto.

— Ma non sei neppure contenta. Non sei più la Regina dell’argine; hai il viso lungo, guardi sempre lontano. Non pensi che sei a Roma, in questa Roma che sognavi tanto?

— È il tempo, è il tempo, — ella disse con voce monotona.

— Il brutto tempo passerà, — disse Antonio,