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ma, — ella mi disse, — speculazioni fallite, l’inondazione dell’80 ed altre disgrazie lo rovinarono».
— Che fai, Regina? — chiese Antonio, affacciandosi all’uscio.
— Ah, — ella disse, sollevando la testa, — ho scoperto dei documenti umani curiosissimi. — E gli fece vedere le lettere.
Egli arrossì lievemente, si slanciò e volle riporre nel cassetto le lettere; ma poi cambiò pensiero e cominciò anch’egli a rileggerne qualche brano.
— Non ti vergogni? — ella disse. — «Una signorina fine, fine, fine!» «Trenta mila lire non sono da disprezzarsi». «Il titolo di segretario d’una principessa mi rende ai suoi occhi più interessante», eccetera, eccetera. Va, sei abbominevole.
— Leggi qui! Leggi qui! — insistè Antonio. — Vedi cosa dico qui, dopo?
Ma ella si alzò e andò a guardarsi nello specchio.
— Sì, rassomiglio davvero ad un gatto.
— Leggi qui! — ripetè Antonio, inseguendola, con una lettera in mano.
— Leggeremo poi; ora lasciami scrivere, — diss’ella, ritornando allo scrittojo.
Antonio prese tutte le sue lettere e si mise a rileggerle, sprofondato in un angolo dell’ottomana: ogni tanto, mentre Regina scriveva rapidamente egli dava in esclamazioni e in piccole risate: poi, ad un tratto, si fece serio, quasi suggestionato dal vivo ricordo degli ultimi giorni passati a C***, delle sue nozze e della sua felicità.