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Antonio mangiava e rideva.

Fortunatamente s’udì un fracasso in cucina, e la signora corse, tutta affannata e traballante nel suo gran vestito rosso: allora Regina tornò in camera, si mise una bella cravatta bianca, un cappellino nero con un nastro rosa, che a lei sembrava molto elegante, e s’incipriò. Ah, le pareva che tutti dovessero guardarla, come al suo paese!

— Ma guardate quanto è bella la mia Regina! — disse Antonio, un po’ sul serio, un po’ scherzando, quando ella ricomparve nella stanza da pranzo. — E il suo cappellino, guardate!

Gaspare, tutto chiuso nel suo soprabito nuovo, grasso, tondo, roseo e pensieroso, aspettava sull’uscio. Guardò Regina alla sfuggita, poi la salutò e disse gravemente:

— Eh, sembra un nido di rondine, il tuo cappello!

— Che cosa te ne intendi tu, di cappelli! — esclamò Antonio. — Se non guardi mai le donne!

— Io non prenderò mai moglie, — dichiarò Gaspare, — ma se dovesse succedermi una tale disgrazia non le permetterei mai di rendersi ridicola.

— Ridicola chi, la disgrazia? — disse Regina con ironia.

Gaspare non si degnò rispondere.

Uscirono. Regina non perdonò mai ad Antonio di aver permesso a Gaspare di accompagnarli in quella loro prima passeggiata romana.

— Scendiamo per via Cavour, andiamo al Foro, ritorniamo per piazza Venezia e per via