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vena enorme sul biancore della pianura nivale, stendevasi sotto il cielo vaporoso. Silenzio, immensità misteriosa, vapore di sogno.

Ma da quella visione nostalgica, che pur le dava un piacere melanconico, vista così attraverso le carezze di colui per il quale ella aveva tutto abbandonato, la strappò l’entrata cauta della signora Anna. La vecchia signora s’avanzò ansando, sospirando, tutta composta sotto l’aureola dei capelli ancor più neri e più oleosi del solito, tutta tonda ed enorme nell’abito da camera di lana rossa. Regina arrossì: tolse le braccia dal collo di Antonio, e si coprì vivamente.

— Ma che fai? — disse il giovine, sollevando la coperta. — Fa invece veder subito subito le tue belle braccine. Guardate, mamma, guardate com’è bianca la mia Regina!

— No! no! Lasciami! — ella disse, nascondendosi sotto la coperta.

Ma la vecchia signora s’avvicinò, ajutò Antonio a sbottonare i polsini della camicia di Regina, passò un dito sulle braccia bianche e infantili della sposa.

— Ah! — disse, sospirando. — Dio ti benedica: sei davvero bella!

— Dio! Dio! Lasciatemi! — gridò Regina, tuttavia lusingata.

— Non è vero che è bella? — insistè Antonio, baciandole le braccia carine.

— Bella, ben fatta! Brava! — approvò soddisfatta la suocera, quasi Regina si fosse fatta da sè. — Anch’io ero bianca e ben fatta, una volta! Ora son vecchia, ma da giovane anch’io ero ben fatta.