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idea di rivedere la suocera. — Ora mi alzo: scriverò a casa.

— Appena cessa di piovere usciremo, — riprese Antonio. — Se non ti dispiace ci farà compagnia Gaspare che s’intende d’archeologia: andremo al Foro.

— Al Foro! — diss’ella, rallegrandosi di una gioia profonda.

— Sì, cara, al Foro! Pensa, al Foro! Sai dove ti trovi?

Ella gli sorrise, senza rispondere. Egli s’era cambiato, aveva messo un colletto lucente, una stupenda cravatta verdolina: s’era arricciato i baffi; era fresco, fragrante, bellissimo.

La luce era entrata con lui, e Regina lo guardò con amore, con gioia; lo attirò a sè, gli baciò i capelli che emanavano un profumo speciale — di fiori bruciati, ella diceva — ; poi finse di dirgli qualche cosa in segreto, all’orecchio, e invece mise un piccolo grido infantile.

Ed egli finse di trasalire, di spaventarsi, e la minacciò e la scosse tutta; e risero, scherzarono e dimenticarono ogni cosa che non fosse la loro felicità.

— Dove ti sei svegliata, dì, levrotin?1 — egli chiese usando uno dei nomignoli graziosi che aveva appreso nel paese di lei, dove era stato tre mesi commissario regio. — Ma dove? Ieri a quest’ora eravamo a Parma, oggi qui. Pensa che distanza! E tre mesi fa non ci conoscevamo neppure! Ti ricordi il primo giorno che ci siamo conosciuti sull’argine? Quel gran sole cremisi dietro il bosco! Il maestro ci guardava,

  1. Piccola lepre.