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Il sor Mario, che si stuzzicava ferocemente i denti, mugolò.

La signora Anna rientrò, seguìta da Marina che aveva gli occhi rossi e le labbra tremanti.

— Via! — disse Massimo. — Non piangere, chè sei brutta. Se ti vede il pizzardone...

— Come? Fai l’amore con un pizzardone ora? — chiese Antonio scherzando.

— Sì; si chiama Stanislao.

— Ma quando sono andato via facevi l’amore col giornalaio.

— L’ho lasciato; più di due mesi non faccio l’amore con nessuno, — dichiarò Marina, già di nuovo sorridente.

— Brava! — disse Claretta. — È un metodo magnifico. E ne hai avuti molti?

— Quattro... no, cinque col primo. Si chiamava Peppino: era impiegato.

— Perdinci! Dove?

— Dove? A Campo Verano...

— Scavava le fosse?

— Sì, — rispose semplicemente la serva.

E tutti risero di nuovo; e di nuovo Regina si sentì soffocare. Erano sempre stupidi così, in quella casa? Anche Antonio, il suo Antonio sempre gaio, che con lei non s’era mai rivelato volgare, anch’egli ora le appariva sotto una luce diversa. Ma a un tratto, mentre la signora Clara ripeteva la descrizione del vestito della contessa, Regina vide suo marito fissarla in viso, con occhi improvvisamente tristi, e si accorse di avere le labbra contratte da un fremito. Subito Antonio si alzò, le si avvicinò, le accarezzò i capelli.

— Ora andiamo a letto; è ora. Sei stanca,