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dere ancora intorno a sè le bellezze della natura purificatrice.
Il viale si spalancava. Mai ella aveva veduto la campagna romana così bella, così inverosimilmente splendida e colorata. Pareva un quadro dei pittori luministi, un paesaggio di velluto verde, con macchie di pini, con un orizzonte abbagliante, rosso e giallo: una esagerazione di luce, nella cui intensità le figure degli acetosari seminudi, dei soldati a cavallo, dei mendicanti fermi allo svolto del viale, spiccavano come statue di bronzo.
Regina era decisa. Ma allo svolto della via le bastò notare il moto d’ira con cui Antonio gettò una monetina nel cappello d’un mendicante, per credere suo marito ancora offeso e sperare ancora nella sua innocenza.
*
Presero la scorciatoia. Su e giù, su e giù, per un sentierolino bruno, odoroso, fra l’erba tiepida e la terra smossa. Il pastore protestante, che forse ignorava la via, li seguì.
Il sole calava, quasi argenteo sull’orizzonte d’oro: le ombre dei pini s’allungavano sull’erba rosea: ad oriente il cielo prendeva dei toni opachi, d’un viola cinereo da pastello.
Ecco, un momento parve a Regina di trovarsi in montagna: non si scorgeva che il sentiero saliente fra l’erba, fino alla breve cima tutta verde nel vuoto luminoso. Su, su: il libero soffio della primavera ridonava il colore naturale al viso sbiadito di Antonio. La primavera non vuol vedere la gente brutta. Il