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sua moglie, Antonio chiese alla cognata se il suo giornale femminista L’avvenire della donna camminava coi piedi o con le mani.

— Dicono che abbia raggiunto una tiratura di tre copie! — disse Massimo.

— E poi pare che voglia anche attirarsi una querela perchè ha riprodotto, senza permesso, un sonetto da un giornale calabrese.

— Oh, Dio, quanto sei spiritoso! — gridò Arduina, facendo una smorfia: ma tutto il suo viso esprimeva un vago spavento.

Il sor Mario, con la faccia china sul piatto, mugolò e masticò forte come un bove irritato.

Allora fu tutta una esplosione di crudeltà infantile contro la povera creatura che anche a Regina faceva l’effetto d’una caricatura.

— Ciò che non ho mai capito è dove stia la redazione del giornale, — disse Claretta. — Ci si potrebbe andare, almeno in cerca del redattore capo.

— Ce ne son tanti per la strada! — rispose Arduina. — Le ragazze belle come te trovano dei redattori da per tutto.

— Con ciò non si capisce bene quello che tu voglia dire... — gridò Gaspare.

— Come si capisce che voi non capite niente...

— E tu, sì, capisci! — disse il marito, sollevando solennemente la forchetta.

— Sei femminista, tu, Regina?

— Io? Io no, — ella rispose, come uscendo da un sogno. Ma subito volle difendere Arduina, non per pietà verso la scrittrice, ma per dispetto verso i cognati. — Può darsi che Arduina mi converta.

— Antonio, il bastone! — gridò Gaspare.