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— Sciocchezze, — interruppe Antonio. — Prima ero solo; non sapevo che farmene del guadagno. D’altronde, però, molti credono che tu sii ricca. Nessuno sa che fu per un caso che io cominciai a giocare...
— Che c’entra tutto questo? La gente non è obbligata di sapere i fatti nostri. Un caso! — ella ripetè, e si fece più cupa, più scura in viso, ricordando il caso, al quale ella aveva puerilmente prestato fede, mentre l’istinto stesso l’aveva avvertita della menzogna; menzogna abile e fragile come l’invenzione di un novelliere.
— Che vuoi? — riprese, tutta riassalita da una ondata affogante di dubbio e di rancore: — la gente è maligna, anche perchè tutti i giorni, tutte le ore, avvengono tanti casi strani! Tu lo sai meglio di me, come è fatto il dietroscena della vita odierna. Vergogne sopra vergogne. Quante volte tu stesso non mi hai additato dei giovani eleganti, dicendomi che si facevano mantenere dalle loro amanti?
Antonio non rispose: ella continuò:
— Dicevo, dunque: la scusa, o meglio l’apparenza stessa che noi non viviamo delle nostre sole rendite certe, che tu giochi, ed hai capitali disponibili appunto per un gioco nel quale, come in tutti i giochi, ora si vince, ora si perde, la scusa che tu sei un... agente, un uomo di fiducia di... quella lì... tutto ciò insomma fa sospettare... Che vuoi? — ella ripetè per la terza volta, — la gente è maligna. Tutti vedono, anzi ci vedono sempre là, in quella casa, osservano tutto, vedono tutto, sospettano di tutto... Anche i tuoi parenti... credi tu che