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Se io fossi stata un’altra donna, un’altra moglie, ti avrei atteso a casa, in agguato come la tigre nel covo, e ti avrei fatto una scena, una di quelle scene dette forti, che piacciono tanto in teatro o nei romanzi. Perchè invece ti parlo tranquillamente e ti ripeto una cosa che tutti dicono, e non ti domando meglio che di riderne assieme, tu... tu cominci con parolacce. «Non ti vergogni? Non ti vergogni? Pettegolezzi... La gran dama!...» Sicuro, sono una gran dama, molto più dama di altre grandi dame!... Soltanto che non mi piacciono le convenzionalità: questo è il guaio...
— Ma dunque vuoi anche che stia zitto? Anche? Non mi tormentare così, Regina! Certo, era meglio che tu mi facessi questa scena a casa! Ora non mi manca altro che la tua gelosia.
Regina si mise a ridere, d’un riso sincero, ma stridente, rauco, che aveva quasi un suono di ferro arrugginito.
— Tu vaneggi, mio caro! Gelosa? Questo poi no, veh!
— E allora perchè hai detto: ci credo?
— Io ho detto questo? Non è vero.
— Ti dico che l’hai detto.
— Io ho detto che credo che la gente ci creda!
— Non mi pare, — egli protestò. — D’altronde la gente è così maligna!
— Questo sì. La gente è maligna. Vede che noi abbiamo rapidamente cambiato posizione, che ci permettiamo di vivere comodamente pur avendo delle rendite modeste, e imbastisce subito un’infamia. La scusa stessa che tu ti sei messo a fare il borsista proprio ora, mentre avresti potuto farlo prima...