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— Lasciala in pace, fa il piacere! — disse Antonio alla cognata.

Regina pensava a casa sua; rivedeva la finestra della grande stanza da pranzo, dove in estate tremolava il bel quadro del bosco; rivedeva l’argine verde dietro il quale brillava il fiume. Tutto sparito! Il bel quadro vivo del bosco, e il quadro vero del Baratta, appeso sopra il camino, — un’alzaia sulle rive verdastre della Parma, col cielo lilla dietro i pioppi bianchi, — spariti, spariti per sempre! Di nuovo, su quell’incomoda sedia che le fiaccava le ossa, fra tutta quella gente che parlava di cose volgari, ella sentì lo stesso sgomento che prova il condannato al pensiero della convivenza forzata coi suoi compagni di pena.

Anche Antonio, che badava poco a lei, come travolto dalla corrente delle piccole notizie che i fratelli gli davano, le sembrava nuovamente uno sconosciuto.

Ogni volta che la serva entrava e fissava i piccoli occhi turchini sulla sposa, egli ripeteva:

— Ma chi dunque è più bella? o più brutta? La sposa o la signora Arduina?

La ragazza guardava l’una, guardava l’altra e rideva.

— Dillo dunque? La signora Arduina?

— Oh, no!

— Come, non è la più brutta?

Tutti ridevano. Perchè ridevano?

La felicità rendeva Antonio cattivo.

Pur sapendo come suo fratello Mario, uomo già d’età, che parlava poco ma arrossiva quando qualcuno esprimeva un’idea passata anche nella sua mente, detestava la manìa grafomane di