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tra le foglie morte. Bisognava pulirle il terreno attorno.

E per la prima volta pensò che non per sè, per un’ultima vanità di sacrifizio, non per lui la cui anima sarebbe rimasta sempre macchiata, ma per la loro bambina, ella doveva ritrarre Antonio dal fango.


*


Antonio ritornò col treno delle sette e venti, ed ebbe appena il tempo di lavarsi, prendere il caffè e correre all’ufficio.

A mezzogiorno, durante il pasto, egli raccontò le meraviglie di Albano, del villino, della notte sul lago.

— Tanti fiori, tante rose! Una meraviglia. Ho perduto l’ultimo treno perchè volevo prenderlo a Castel Gandolfo, dove madame e Marianna vollero scendere a piedi: dopo siamo risaliti in carrozza. Non puoi immaginarti che splendore. C’era la luna... ho pensato sempre a te... Non ti ho telegrafato perchè era tardi...

— Chi ti dice niente? — esclamò Regina, che ascoltava e mangiava, silenziosa e distratta.

— Ti sei arrabbiata? Regina!

— Io? perchè dovrei arrabbiarmi? — ella disse con voce sorda.

Antonio dovette capire che qualche cosa di torbido le annuvolava lo spirito, perchè prese a parlare con volubilità, cercando di distrarla.

Cominciò a parlar male della principessa:

— Quanto è noiosa! Mi ha fatto fare questo viaggio nientemeno che per la famosa pelliccia... «Scusi? — proseguì, imitandola. — Non