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È mia, non è vero, tutta mia? Ed anche un pochino di papà; ma pochino pochino, perchè papà è cattivo e non torna la notte, e lascia sola la mammina.

Ella si sfogava così, puerilmente, con la piccolina rosea, e mentre si faceva dare da lei dei «bacini piccolinini piccolinini, carini carini» e sentiva, che nessun piacere era più delizioso di quello, ripensava sempre alle visioni mostruose che l’avevano agitata tutta la notte.

Senza dubbio Antonio aveva dormito nel villino in riva al lago, in una camera la cui finestra era un quadro meraviglioso di paesaggio e di cielo. E nel silenzio della notte, mentre al di fuori il paesaggio ed il cielo erano tutto un poema di bellezza e di purezza, un idillio losco s’era svolto là dentro...

— Caterinina mia, sorghin, fammi un abbraccino, dormiamo assieme... — diceva Regina, mettendosi sul viso la manina della bimba, e chiudendo gli occhi, quasi per sfuggire alle mostruose visioni. — Così, chiudi gli occhi, così.

Per un po’ la bimba obbedì; ma improvvisamente diventò cattiva; s’agitò e diede con la manina aperta un gran colpo sul viso della madre.

— Come sei cattiva! — gridò Regina, — lo dirò al papà, sai. Non si dà così alla mamma! Domanda subito perdono; fammi subito una cara, così: cara, cara mammina, perdonami, non lo farò più...

Ma la bimba le diede altri colpi, ed allora Regina s’incollerì davvero.

— Cattiva che altro non sei! — esclamò, afferrandole la manina e dandole dei colpettini.