Pagina:Deledda - Nostalgie.djvu/269


— 259 —

Lungo la via Antonio e Regina, che camminavano a testa bassa, tenendosi i cappelli fermi con la mano, un po’ si bisticciarono, un po’ risero: giunti davanti al villino si guardarono attorno come ladri. La via era deserta, spazzata dal vento. Sui marciapiedi bianchi volteggiavano foglie di rosa e di geranî: un caldo odore di gigli saliva dai giardini chiusi; pareva d’essere in una città nuova, sconosciuta, non ancora abitata; e quando Antonio aprì la porta del villino, Regina disse:

— Mi pare di entrare in una di quelle casine incantate, che i bambini smarriti trovano per caso, come si legge nelle favole...


*


Credette di entrare in un bagno quando penetrò nel vestibolo fresco, spoglio di corsie. I lupi erano coperti da un panno; pareva si fossero camuffati così per divertirsi, in assenza dei padroni; ed una testina di marmo, pallida dietro una palma immobile, sorrideva silenziosamente.

Regina camminò piano per abitudine e si levò il cappello davanti allo specchio coperto da un velo; poi ricordò che erano soli, mise il cappello alla testina di marmo e rise forte.

— Taci, — disse Antonio, piano. — Non ridere così.

— E chi ci sente?

Egli aprì; ella lo seguì: attraverso i salotti entrarono nella sala da pranzo. Antonio procedeva con un certo riserbo, camminava in punta di piedi, non voleva che Regina ridesse.

— Se non è per far da padroni perchè mi hai