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pezzo silenziosa, fino a piazza dell’Indipendenza, poi parve ricordarsi di qualche cosa, sollevò il viso e domandò:

- Cos’è, quella pelliccia?

— Oh, Dio, non me ne parlare: è un mese che madame m’affligge con questa storia: ha dato ad accomodare una pelliccia e pare gliela abbiano scambiata; non so, un pasticcio.

— Andrai ad Albano, tu?

— Se ci invita... una domenica...

— Io non ci vengo, — disse Regina, forte.

— Perchè?

— Perchè fa caldo, — ella rispose, abbassando la voce.

— Figurati se lassù ci sarà caldo: ha preso in affitto un villino in riva al lago; ci sono tante rose sulla terrazza; quando si sfogliano cadono sull’acqua.

Regina lo sapeva: Antonio, che era stato a cercare il villino qualche giorno prima, glielo aveva già descritto. Camminarono ancora, senza più dirsi niente. Nel crepuscolo rosso i fanali brillavano gialli e melanconici e il loro chiarore aumentava l’inquietudine di Regina. Il progetto insensato di pedinare Antonio durante la notte, la riassaliva. Ella si vedeva, ombra vagante sotto quella luce gialla e melanconica, seguita a sua volta da qualche nottambulo in cerca di avventure. Ma d’un tratto sollevò fieramente la testa.

— No, mai più. Questa è l’ultima volta che io vado in quella casa: e neppure lui ci deve tornare... È tempo di finirla.

Appena rientrata nella sua camera si levò il soprabito di taffetà e lo sbattè sul letto.