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l’estremo delle sue forze: il suo orgoglio e la sua dignità si piegavano sempre più, d’ora in ora.
E quel giorno ella aspettava quasi con ansietà che venisse Antonio. Forse avrebbe finalmente colto un segno: quale non sapeva, ma aspettava. Aspettava, ma si vergognava di trovarsi là, davanti alla vecchia impassibile come una sfinge sorda, ed aveva vergogna di questa sua vergogna.
E ricordava. Oramai bastava il minimo segno perchè ella ritornasse nel passato, e rievocasse con intensità e nitidezza ogni atto ed ogni parola che potessero avere un significato ambiguo. Quel giorno era il profumo amarognolo delle lille, di cui era pieno il salotto, che le ricordava un’altra visita fatta due anni prima, e le parole amare come quel profumo, pronunziate da lei, e la terribile risposta di Marianna.
— Il povero, a Roma, è un mendicante che rosicchia un osso davanti alla porta chiusa di un palazzo.
— E qualche volta passa il cane del ricco e strappa di mano al mendicante anche quell’osso...
Eh, mademoiselle conosceva la vita! Mentre Regina rievocava lo sguardo triste ed ironico che la principessa le aveva rivolto quel giorno, quando ella era venuta a congedersi prima della sua fuga, Marianna le porse una tazza di thè e cominciò a raccontarle delle infamie su di un signore molto elegante che frequentava il salotto di madame.
— Dicono che egli si faccia mantenere dalle