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Verso piazza Barberini un vecchio signore un po’ curvo, con un soprabito d’antica forma tutto abbottonato nonostante la sera quasi calda, passò vicino a Regina. Ella riconobbe il Senatore parente d’Arduina, e si volse, salutandolo; ma egli guardava davanti a sè, con gli occhi chiari ironici eppur dolci, e non vedeva nessuno.
Ella l’aveva riveduto parecchie volte; un giorno egli era stato anche a farle visita; ed ogni volta egli aveva parlato dell’Inghilterra, delle leggi inglesi, delle donne inglesi, ripetendo sempre il ritornello della sua vecchia canzone sulla vita:
— Lavorare! Lavorare, ecco il segreto per viver bene.
Regina aveva finito col trovarlo noioso come tutti i vecchi monomaniaci. Si viveva bene anche senza lavorare: anzi! Ma quella sera ella seguì con gli occhi la figurina curva e saltellante, e la trovò più del solito ridicola; ma le parve che, come nelle favole, quella figurina quasi di gnomo le fosse apparsa per ricordarle la morale della sua triste storiella.
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Insomma, per dirla col maestro, la vita era tutta una trista storiella, a pensarci bene. Non era uno sconfortante segno dei tempi che una fanciulla di venti anni, la quale mai prima d’allora aveva varcato la linea verde dell’argine