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Ma ad un tratto risuonò il campanello della porta, ed ella balzò su scossa dalla vibrazione elettrica che le si comunicò ai nervi.
— Non sono a casa! — disse correndo verso la serva che andava ad aprire.
Rientrò in camera e chiuse l’uscio; neppure voleva sapere chi poteva cercarla. In quel momento, in quel giorno, odiava e disprezzava tutto il genere umano.
Ma quando la serva venne a dirle, dietro l’uscio, che la visitatrice era la signorina Gabrie, Regina si precipitò alla finestra e chiamò la fanciulla che in quel momento usciva dal portone.
Gabrie rientrò: Regina si pentì subito di averla chiamata, accorgendosi di essere stata spinta da un impulso di curiosità disperata.
Forse la studentessa, trovando i suoi quaderni smossi, dubitava che Regina li avesse letti: e veniva, spinta dalla paura, per scusarsi, per discolparsi. Bastava interrogarla per sapere...
Ma Regina ritrovò subito la sua orgogliosa dignità.
No, mai! Nè a Gabrie, nè a nessuno ella avrebbe fatto domanda di quanto le premeva sapere.
Gabrie entrò, bionda e bianca nel suo vestitino nero a sacco: era sofferente, tossiva; solo gli occhi conservavano tutto il loro fulgore di malizia, acuti e lucenti come aghi. Null’altro.
Non seppe perchè, Regina ebbe quasi timore di quella bambina terribile; le parve che la futura scrittrice, già padrona d’una possanza divinatrice, superiore ad ogni altra possanza