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— Qui entrano gli amanti...

Ecco dunque che Antonio entrava: Regina aspettava, fuori, nella via deserta, nell’ombra dell’angolo: qualcuno passava e la guardava con occhi brutali, scambiandola per una cercatrice notturna, ma ella non si offendeva. Perchè doveva offendersi? Non era al di sotto dell’ultima delle cercatrici notturne? Le sue vesti non erano intessute di vergogna?

Ben altro tormento le irrigidiva l’anima: ore di muta tortura passavano.

Egli era là, dentro, nel caldo opprimente di quelle sale coperte di pelliccie, voluttuose e feline come vecchie tigri in amore. Quello che avveniva là dentro era così orribile per Regina che ella non voleva pensarci neppure nel suo sogno insensato.

Rivedeva solo la principessa col suo vestito di velluto nero, il collo grasso coperto di perle, il viso di luna, le piccole mani scintillanti... E le piccole mani scintillanti accarezzavano la bella testa di Antonio... Ed egli taceva, egli... s’era abituato a quella carezza.

Questa sola idea produceva in Regina un tale scoppio di dolore che subito dopo avveniva la reazione. Ella si destava dal suo delirio e credeva di vedere tutta la pazzìa del suo dubbio.

Niente era vero: non era possibile, del resto, che, come nei romanzi, Antonio penetrasse furtivamente dalla vecchia dama, e sua moglie potesse attenderlo fuori, nell’ombra dell’angolo, e fargli una scena da commedia, quando egli usciva... Roba da ridere.