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Via Torino. Via Balbo, obliqua, deserta, macchiata dall’ombra degli alberi dei giardinetti pieni d’uccelli, con lo sfondo azzurro dipinto di case lontane. Una nuvola d’un grigio-roseo, un frammento di madreperla, passa sull’alto del cielo. Come tutto ciò è dolce!

Regina scende rapidamente la via, sale rapidamente le scale: il cuore le batte forte, la sottana fruscia, ma ella non sente più alcun fastidio per tutto ciò.

Antonio non è ancora rientrato. La bimba dorme. Regina ha caldo: entra nella sua camera da letto, tutta azzurra, grande e fresca; e mentre si spoglia sente il cuore batterle forte, ma non più di dolore. Finalmente le pare di essersi svegliata da un brutto sogno, o d’aver avuto un forte dolore fisico che ora è cessato.

Ecco il passo d’Antonio su per le scale. Ella lo sente, e come sempre, quel rumore di passi le dà un sentimento di gioia. Ecco il noto rumore della chiavetta nella serratura, ecco il soffio di vita che pare animi tutta la casa quando egli rientra.

— Sei tornata ora? Che bella giornata! E Caterina?

— Dorme.

Egli si leva il cappello, si toglie il soprabito corto e lo butta sul letto: Regina raccatta le sue sottane e mentre le appende all’attaccapanni sente Antonio passarle vicino e sfiorarla con quell’alito di vita, di gioventù e di bellezza, ch’egli lascia sempre intorno a sè.

— Dio santo, ho fatto proprio un brutto sogno, — ella pensa, lavandosi il viso ardente, prima di mettersi a tavola.