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II.


Una volta Regina aveva sognato un’eclisse di sole. In quel momento, nel leggere la paginetta di Gabrie, ella ricordò quel sogno, perchè si riprodusse in lei la stessa impressione di crepuscolo pauroso, di silenzio terribile e di aspettazione.

Fu un attimo. E passato l’attimo ella rivide la luce del sole, sentì ancora la vibrazione della vita, s’accorse che ogni cosa al mondo aveva conservato il proprio aspetto, la medesima posizione, e che nulla infine era mutato. Ma ella non era più la stessa: intorno a lei, da vicino e da lontano, era riapparsa la luce: entro di lei restava il crepuscolo.

Rimise il quadernetto sul tavolo, riprese le violette, l’involtino, il libro e se ne andò. Più tardi s’accorse che ella se n’era andata per sfuggire alla tentazione volgare di interrogare Gabrie, e di costringerla magari con la violenza a dire come aveva intuito o da chi aveva sentito parlare dell’orrendo segreto. In quel momento, come sempre, l’orgoglio la sostenne, rigido e gelato come il ferro che sostiene la creta delle statue.

La donnina muta corse dietro la visitatrice che se ne andava, e le fece dei cenni che l’altra non capì. Quella figurina da bimba mascherata destò in Regina una specie di ripulsione feroce.