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Il quadernetto di Gabrie era quasi tutto pieno di queste figurine. Regina lo sfogliò senza scrupolo, e nelle ultime pagine trovò tipi di professori, di studentesse, e quello di Claretta «civetta, isterica, corrotta» che pochi giorni prima Gabrie aveva incontrato da lei.
Era terribile, quella futura scrittrice; non era uno specchio, era un apparecchio Röntgen.
Regina continuò a sfogliare ed a leggere, ritta davanti al piccolo tavolo: una certa curiosità la pungeva.
«Giovane signora miope, bruna, tutta bocca e tutta occhi; intelligentissima, un po’ strana, un po’ enigmatica. Nobile decaduta, finge di non pensare al colore azzurro del suo sangue, e forse non ci pensa davvero; ma il suo sangue è azzurro, ed ella lo sente e vuol essere aristocratica. Ama il lusso, la gente ricca: ha sposato un marito povero ed è riuscita a fargli guadagnare molto...»
— Perdinci, questa sono io! — pensò Regina, che si divertiva ma provava anche una certa irritazione. — Mi tratta poco benevolmente questa ragazza. Che ha voluto dire con le ultime due righe?
Improvvisamente ricordò che un giorno Gabrie le aveva raccontato delle storie udite da altre signorine sue compagne di scuola.
— Ma è un focolare di maldicenza, il vostro magistero, — aveva protestato Regina.
— Un focolare? Un forno! — aveva risposto Gabrie.
«Scrittrice, alta, magra, gialla, piccoli occhi lattei, piccola bocca dai denti neri, capelli gialli, naso adunco. Fa compassione a guardarla, a