Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta. |
— 206 — |
*
Antonio si svegliò, e ancor prima di aprire gli occhi sentì che Regina lo guardava e le sorrise.
— Dev’esser tardi! — disse, accorgendosi anch’egli del raggio di sole.
— No, è il sole che comincia a visitarci; son le otto meno un quarto. Faccio portar la bambina?
— Aspetta, — egli implorò. — Fammi prima un abbraccino. Non ci vediamo quasi mai.
Egli si avvicinò e l’abbracciò, rannicchiandosi tutto contro di lei come un bambino. Ella lo baciò sulla fronte liscia, sui capelli che emanavano sempre quel profumo speciale di fiori secchi; e sentendolo così tutto suo, dolce e tenero, così giovane, così bello, così confidente, ne provò una tenerezza intensa che rasentava la sofferenza. Rimasero così abbracciati per parecchi minuti, nel silenzio, nella penombra della camera tiepida e azzurrognola.
Fuori la via s’animava, ma i rumori avevano una vibrazione soave, quasi sfumati nella serenità intensa dell’aria.
— Chissà perchè, — disse Antonio, — provo una impressione come se ci trovassimo coricati in un bosco. Ho ancora sonno; dormirei così chissà fino a quando.
— È la primavera, — disse Regina. — Anch’io rivedo il bosco e attraverso il bosco il fiume, e tanti fiori.
— Vai al Pincio, oggi?
— No; vado a trovar Gabrie che è a letto da tre giorni, povera, figliuola.