Pagina:Deledda - Nostalgie.djvu/21


— 11 —

avvertire gli amici del loro arrivo; non voleva seccature: ma giunti in via Torino, davanti al grande palazzo dove i Venutelli abitavano due appartamenti, al quarto e quinto piano, la vecchia signora ansò, sospirò e disse:

— C’è Clara con la figlia: son venute a passar la sera da noi e non abbiamo potuto mandarle via. Hanno indovinato.

— Seccatura! — disse Antonio. — Le manderò via io, ora!

Il gas era ancora acceso: l’atrio signorile e il grande scalone di marmo continuarono in Regina l’impressione di grandezza e di bellezza che la piazza e le vie le avevano destato.

— Coraggio, — le disse Antonio. — È la scala d’Abramo, questa. — Voi, maschiacci, avanti!

I tre uomini e Arduina si slanciarono avanti; Regina volle anch’essa affrettare la salita, ma ben presto si stancò e cominciò ad ansare.

— La mia morte, le scale! — disse la suocera. — Ah, figlia mia, anche io non ho abitato sempre al quarto piano.

Regina non ascoltava più. Grida, risate, esclamazioni echeggiavano nell’alto della scala; poi precipitò giù un turbine, un fruscio, un’onda di profumo, un’apparizione di volanti, di trine, di catenelle, di capelli biondi, che travolse e per poco non rovesciò la sposa, lo sposo e la suocera.

— Claretta, bada di non romperti il collo, cara! — gridò Antonio.

La bellissima creatura stringeva Regina fra le braccia, coprendola di baci appassionati.

— Cara, benvenuta, benvenuta, cara, mille auguri di felicità: la mamma è su!