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Che diversità con la primavera dell’anno scorso! Regina provava impeti di tenerezza per tutto e per tutti; i tiepidi soffî di quel vento che veniva dalle pianure già calde del sud e andava verso il patrio nord ancora avvolto nella fresca primavera, le rapivano l’anima, lanciandogliela a volo come un uccello ebbro di luce e di spazio.

Un giorno uscì sola: le parve di essere simile a quell’eroe di una novella del Dostojewski, il quale, pur abitando una grande città e non conoscendola, costretto una volta ad attraversarne le vie principali, gli sembrò d’esser rinato a nuova vita.

Scendendo per via Nazionale, Regina si guardava attorno con curiosità infantile. Per la prima volta s’avvide che l’Hôtel Quirinale era grigiastro, mentre le era parso sempre giallo; vide il campanile della chiesa anglicana, rigato come un vestito da signora; ammirò lo sfondo magnifico della via delle Quattro Fontane, si fermò sul tappeto di sole che copriva la gradinata dell’Esposizione. Un cocchiere rosso, dagli occhietti verdi, sollevò due dita, credendola una straniera in cerca di una vettura; un moro vestito all’europea le passò vicino guardandola intensamente; una ciociara le offrì dei fiori. Tutto ciò le parve interessante, mentre un anno prima l’avrebbe infastidita. Scese per via dei Serpenti, ed a misura che s’inoltrava vedeva gli archi del Colosseo, aperti sul cielo profondo, e le pareva la guardassero come immensi occhi azzurri pieni d’un eterno sogno. Si trovò quasi sola davanti alla grande sfinge morta; soltanto un ragazzo roseo e biondo, vestito di