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— Non montare sul cavallo di Pegaso, ora!

Discussero alquanto sulla moralità e sulla opportunità dei giochi di borsa, d’azzardo, di lotto.

— Storie! — disse Antonio. — La vita stessa è un gioco: bisogna o giocare o morire. Ed ora andiamo a fare un passeggino.


*


Nei giorni seguenti egli vendette le azioni, — dopo averle fatte vedere a sua moglie, — e le diede tremila lire. Duemila Regina volle deporle nella Cassa di risparmio; con le altre mille comprò una fornitura da salotto e provvide a tutte le spese del parto e del battesimo.

— Forse morrò, — ella diceva negli ultimi giorni d’attesa. — Vedrai, ora che abbiamo un po’ di fortuna, morrò...

— Non dire sciocchezze, — rispondeva Antonio, quasi adirandosi.

Ella non morì, ma diede alla luce una creatura esile, moribonda, una bambina che pareva un gattino, nera, pelosa, con la testa enorme.

Nei primi giorni, vedendo quel mostricino, la giovane puerpera piangeva di ripugnanza e di dolore.

— Almeno morisse! — diceva crudelmente. — Perchè, perchè l’ho fatta nascere?

— Signorina, — le rispose un giorno la balia, un monumento di donna dal viso di bronzo circondato dall’aureola turchina dell’acconciatura di prammatica, — lasci fare a me. Lei l’ha fatta; non ci pensi più! Lasci fare a me, signurì.