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La voce un po’ scherzosa di Antonio diceva:

— Mio fratello Mario, segretario alla Corte dei Conti.

— Mio fratello Gaspare, segretario nel Ministero della Guerra.

— Mio fratello Massimo, vice-segretario nel Ministero della Guerra.

— E mi pare che basti, — disse quest’ultimo, inchinandosi graziosamente.

Tutti sorrisero; ma Antonio proseguì:

— E Arduina la pazza...

— Sempre tu, burlone! — strillò quest’ultima.

— E questa è Regina, mia moglie! Eccola qui! — Come stai, Gaspare?

— Benone, e tu? Hai appetito?

— Sei stanca, cara? — domandò con voce tremula la vecchia signora, avvicinando il suo al viso di Regina.

Sebbene odorasse i fiori, quest’ultima sentì per la seconda volta che la suocera aveva l’alito fetido, e trasalì, sopraffatta da una improvvisa angoscia. Tutta quella gente che l’accerchiava, la stringeva, l’esaminava con impeto di curiosità mal celata, in quel luogo ignoto, a tarda notte, sotto quella luce troppo viva che le offendeva gli occhi, tutta quella gente che parlava con accento per lei straniero, le riusciva antipatica.

Anche Antonio, che in quel momento la dimenticava per riunirsi a quella turba sconosciuta, le parve un altro, uno straniero, un uomo di razza diversa dalla sua.

Si sentì sola, sperduta: le sue idee si confusero; ebbe poi l’impressione di essere portata