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Antonio si stizzì.

— Ecco, ora sei tu che diventi una borghesuccia!

— Eh, nella vita si muta! — ella disse, non senza amarezza. — S’invecchia, si diventa frolli, ci si adatto a tutto.

Ella infatti si adattava: non sapeva perchè, ma si adattava; qualche volta sentiva entro di sè, intorno a sè, nella vita tranquilla che ella ed Antonio avevano ripreso, un po’ di vuoto, come nel nuovo appartamento, ma non si ribellava più.

Dopo pranzo, marito e moglie uscivano assieme a braccetto, borghesemente tranquilli, andando a soffocare la noia della loro esistenza al caffè Aragno, o in piazza Colonna, o specialmente pei viali intorno alla piazza della Stazione.

Davanti al Gambrinus ed al Morteo i tavolini erano sempre circondati da gente che sembrava molto allegra; una vera folla, pigiavasi nei viali illuminati dalla luce elettrica e dalla luna, e molte carrozze attraversavano la gran piazza bianca, dove i binari dei tram scintillavano come fili d’acqua.

Dopo i lunghi silenzii e le solitudini del Po, a Regina pareva di sognare nel ritrovarsi tra la folla, nello splendore freddo e acuto delle lampade elettriche, nascoste come piccole lune fra gli elci. Dai caffè sgorgavano fasci di luce: il marmo dei tavolini aveva riflessi lividi; sotto gli alberi illuminati dalla luna si stendevano ombre e chiaroscuri strani. La folla passava e guardava dentro i caffè, animati da altra folla riflessa e moltiplicata dagli specchi: ora sì,