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Regina non insistè, sebbene la spiegazione di Antonio non le sembrasse molto soddisfacente.

Egli riprese a esporle i suoi progetti per l’avvenire:

— L’anno venturo, poi, farò il concorso, e lo vincerò, perdinci! Al più tardi in ottobre, l’anno venturo, passerò segretario. Intanto possiamo contare su trecentoventicinque lire al mese, nette e sicure. Vedi che già un po’ la nostra posizione è migliorata. Ho già trovato da subaffittare l’appartamentino: ho veduto uno splendido mezzanino in via Balbo: ottanta lire mensili. Tre stanze, bellissime, danno sulla via; una, grande, dà sul cortile, ma è piena di luce, ci batte il sole. Potremo fare due salotti...

Regina ascoltava: ascoltava, e provava un sentimento che non era di gioia. Le notizie che le dava Antonio non la rallegravano punto, mentre la voce di lui le sembrava più che mai mutata; era la voce monotona e lontana di uno che non era più l’Antonio allegro e felice di prima.

Due salotti! Sì, ella capiva la preoccupazione di lui. Egli voleva darle qualche cosa di quanto ella aveva stoltamente sognato e più stoltamente ancora chiesto: voleva darle almeno una illusione di signorilità, di benessere, di vita elegante. E le faceva la sua offerta quasi umilmente: pareva egli il colpevole, pronto a tutte le debolezze pur di essere perdonato.

Ella avrebbe preferito un colloquio tragico di rimproveri, e poi dolce di perdono: un uragano che lasciasse il loro cielo domestico più puro di prima.

Ma d’altronde s’accorgeva che l’amore di An-