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— Egli mi ama, mi ha perdonato, ma diffida, ha paura di me, — ella diceva a sè stessa, per spiegarsi questo mistero.

— Regina, — cominciò dunque Antonio, — quali sono le tue intenzioni?

— Le sai già!

— Niente affatto; io non le so bene ancora... La tua ultima lettera era ancora più brutta e cattiva della prima. Non voglio farti dei rimproveri... tanto — tu stessa lo dici — sarebbero inutili; ma un altro uomo al mio posto... Basta, più di mille volte tu mi hai detto che io non ti capivo: ora, per dimostrarti almeno la mia buona volontà, ti prego di spiegarti bene...

— Non te l’ho scritto? — ella disse, un po’ impertinente, un po’ umile. — Ti ho scritto: tutto dipende da te.

— Insomma, come dice il tuo maestro, vuoi tornare con me a Roma?

— Sì.

— Oh, va bene! Ti ripeto che io ho una gran volontà di dimenticare ciò che è stato; ma dimmi una cosa, ora. Perchè hai cambiato idea così presto? Dico idea e non capriccio, perchè la cosa m’è parsa ed era troppo seria...

— Chi lo sa? Possiamo noi spiegare le nostre idee chiamiamole così, i nostri capricci? Tu non ti sei contraddetto mai in vita tua? Oggi si pensa in un modo, domani in un altro. Siamo forse padroni di noi stessi, noi? Poco fa tu dicevi: se fossi stato un altro uomo... Capisco quello che volevi dire. Mi avresti maltrattato, mi avresti insultato. Invece mi vuoi bene lo stesso, forse anzi mi vuoi più bene di prima. Ti spieghi tu forse perchè, invece di odiarmi, per