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— Senti, — disse, mettendosi sul cuore la mano del marito.
La mano si animò subito.
— Ti fa ancora male, il cuore? — egli domandò, come ricordandosi.
— Ma no! Batte di gioja, — ella rispose, e si rimise a chiacchierare.
— Senti, ieri sono stata al molino dipinto, a mangiare li gnocchi. Ci siamo divertiti tanto. Si godeva un tramonto meraviglioso. Che bel tipo quel mugnaio!...
Raccontò la profezia del mugnaio; poi disse che era stata a far visita alla famiglia del maestro.
— Un altro! Ma sai che è matto? E non vuol mandare i figli a Roma; la donna perchè studi e diventi... celebre; il maschio perchè si trovi un impiego?... Egli dice... — E imitò la voce e i discorsi del maestro.
Antonio rise; ma un riso freddo, beffardo, che pareva venir da lontano.
— Ma che ha egli? — pensò Regina, sopraffatta da un improvviso dolore. Le sembrava che Antonio, con quel riso schernitore, nuovo in lui, si beffasse sopratutto di lei.
Fantasmi! Sciocchezze!
— Appena siamo soli lo prendo per gli omeri, lo scuoto, gli grido: Ma dì, tu, che hai? Non mi perdoni? Non facciamo altre sciocchezze, eh? Bastano quelle fatte!
Tacquero ancora. Il carrozzino andava, nella notte umida e tiepida, tra il profumo penetrante della vegetazione immobile nell’oscurità. I giovani boschi della riva si delineavano neri nel buio, più neri del buio stesso: tutto taceva